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Tom Waits Milano 17 luglio 2008
by Eleonora



Prima di tutto il gruppo:
Omar Torrez alla chitarra,
Larry Taylor al basso,
Patrick Warren alle tastiere,
Casey Waits (figlio di Tom) alla batteria
Vincent Henry al sax

Lucinda (Brawlers,2006)...
Way down in the hole (Frank's wild years,1987)...keeeep the devil, keeeep the devil....
Falling Down (Big Time,1988)...and take off  "his" hat...
November (the Black Rider, 1993)..splendido assolo  "like a bock shot flag" ad introdurre "go away rainsnout".
...una dolce All the world is green (Bloody  Money, 2002)...
Black Market Baby (Mule Variations, 1999) con intro di chitarra e al "she's a diamond that wants to stay coooooooooal...coooooooooooal" vai di sax!
Hang down your head (Rain Dogs, 1985) davvero splendida!
...qui super applausone e Lui scruta...
Misery is the river of the world (Bloody Money, 2002)...everybody row..everybody row..un remare travolgente e incalzante con clap di mani che termina con distorsione di voce...l'ironia di Tom..
Ed ora lo show con Eyball Kid (Mule Variations, 1999) dove il caro Tom si diletta nel mimo (chi non c'era non può immaginare mi dispiace, ma chi ha visto ricorda : il genio dell'occhiopalla!) e poi come maestro d'orchestra e poi...eccolo! il cappello "raggiante" al "hail hail the eyeball kid" ...non si può non pensare a "the Elephant Man"....e questo eyeball kid è nato il 7 dicembre 1949, data singolare... ; )
Eccolo al piano con le sua fantastiche stortissime dita...
On the Nickel (Heartattack and Vine, 1980) una favolosa "lullabye" sulla Quinta strada di Los Angeles e dintorni (Skid Row-via della povertà), per chi vive "on the Nickel".
...intermezzo "vadaviaiciap"...
Tom Traubert's Blues (Asylum Years, 2006)
You can never hold back spring (Bawlers,2006) dedicata a "roberto e nicoletta"
Innocent when you dream (Frank's wild years, 1987)..sing with me "It's such a sad old feeling / The hills are soft and green / It's memories that I'm stealing / But you're innocent when you dream, when you dream / You're innocent when you dream, when you dream / You're innocent when you dreeeeeeeam"......standing ovation!!!!
...lascia il piano...
Lie to me (Brawlers, 2006)
Hoist that rag (Real Gone,2004) assolo da paura! entra in gioco anche il secondo figlio  "to beat his weary drum today"
Trampled rose (Real Gone, 2004) ....uuoooooouuu....uuuooooouuuu....
I'll shoot the moon (The Black Rider, 1993)
Jockey full of bourbon (Rain Dogs,1985)
Dirt in the ground (Bone Machine,1992)
Make it rain (Real Gone,2004) spettacolare
..a concludere...
Hold on (Mule Variations,1999)
Goin' out west  (1996-08-11: Raven Theatre, Healdsburg, CA, USA)
Anywhere I lay my head (Rain Dogs, 1985)...è necessaria una traduzione di questa canzone (presa, ma ritoccata, da testi e traduzioni, Giunti editore), visto che ha deciso di chiuderci:

"OVUNQUE APPOGGERO' LA TESTA"

La testa mi gira forte
il mio cuore è sotto le scarpe
sono arrivato e ho dato fuoco al Tamigi
ora devo tornare indietro
lei mi ride alle spalle
lo sento nelle mie ossa
ma ovunque andrò
ad appoggiare la mia testa, ragazzi
la chiamerò casa mia

bene vedo che
il mondo è sottosopra
avevo le tasche piene d'oro
ora le nuvole hanno coperto tutto
e il vento soffia freddo
non ho bisogno di nessuno
ho imparato ad essere solo
e ovunque andrò
ad appoggiare la mia testa, ragazzi
la chiamerò casa mia.

...posso anche piangere ora....

“Glitter and Doom Tour” 2008
 le emozioni….

In questa pagina sono raccolte lettere, disegni, recensioni, riflessioni, sensazioni e batticuori che Tom è riuscito a trasmettere nel corso dei sui concerti.

TOM WAITS A MILANO: TRE SERATE DA SOGNO
 
Nove anni. Nove lunghi anni sono passati da quel Luglio 1999 a Firenze. In quel momento tutti coloro che avevano assistito a quelle 3 indimenticabili serate, avevano lasciato un pezzettino del loro cuore in quel Teatro Comunale, e Tom se l’era portato via, senza tanti complimenti, lasciandoci tutti lì, ad applaudire per decine di minuti nella vana speranza di vederlo spuntare ancora su quel palco.
Ecco, io mi ero fermato lì.
Mi ero fermato lì, e per questi nove anni non ho mai perso la speranza di poterlo rivedere dal vivo, per applaudirlo ancora e dirgli “Hey Tom, ecco qua, prenditi quest’altro pezzo del mio cuore..”
A Milano è stato così.
All’improvviso la notizia del Tour.
Poi la conferma dell’arrivo in Europa e la scelta di Milano. Tutto a sorpresa.
Tutto troppo in fretta, neanche il tempo di emozionarmi e già ero pronto per l’acquisto dei biglietti, sulle cui complicate modalità di acquisto sorvolerò in questo breve racconto del week end milanese, perché solo di Tom Waits voglio parlare.
Nel momento in cui, la prima sera, ho messo piede al Teatro degli Arcimboldi, ho subito provato la sensazione che quella storia cominciata a Firenze e bruscamente interrotta, stava per riprendere là dove si era fermata.
Appena ho visto il palco, gli strumenti, le luci, ho realizzato che qualcosa di straordinario stava ancora per succedere.
Il ritardo nel cominciare il concerto ha fatto lievitare l’attesa, e quando le luci si sono finalmente abbassate, è stato come se il tempo si stesse fermando.. i musicisti prendono il loro posto, poi ecco la sagoma di Waits, che con passo svelto raggiunge il centro del palco, una luce lo illumina, ci siamo.. “Tom, dove sei stato tutto questo tempo?” Mi sembrava quasi di essere da solo lì con lui, il resto del teatro non esisteva già più.. e pronti via, ecco “Lucinda”..
La prima serata mi ha dato la sensazione che anche Tom avesse ancora un po’ di polvere da cacciare via (lui dalle sue corde vocali, noi dai nostri cuori), le prime canzoni sembrava emozionato quanto tutti noi, ed in verità per la prima volta ho pensato che i suoi 60 anni cominciasse a sentirseli tutti.. la scaletta è stata comunque da brividi, e man mano che i minuti passavano cominciavo a rivedere il trascinatore ammirato nove anni prima.. arrivati a “Hang Down Your Head”, tra l’altro in una splendida versione lenta, il Cavaliere Nero era di nuovo a cavallo e noi, il suo esercito, già lo stavamo seguendo fedelmente, tanto che in un paio di occasioni il suo lato giullaresco ha divertito il pubblico anche più che nelle due serate successive, e mi riferisco al giochetto dell’EyeBall ed al numero telefonico infinto di “I’ll shoot the moon”, risultato molto più divertente ed ispirato dello stesso sketch proposto nella terza serata.
Non si può omettere di citare “You can never hold back spring” dedicata a Benigni e Signora, seduti in platea a gustarsi lo show in mezzo a noi. Come per le altre due serate, molto bella l’accoppiata di chiusura prima dei bis, “Dirt in the ground” e “Make it Rain”, quest’ultima trascinante e azzeccatissima per presentare i membri della band.
Tom ci lascia con “Anywhere I lay my head”, ed io già sono con la mente e con il cuore alla serata successiva che mi aspetta, stesso posto, stessa ora.
Venerdì sera sono molto meno teso rispetto alla serata precedente.
Per i biglietti avevo già visto come funzionava e non c’era da temere alcun problema, la zona già la conoscevo, non restava che incontrare altri fans così come già la sera prima, e gettarmi con tutto me stesso nel secondo capitolo di questa esperienza unica.
Detto fatto, stesso ritardo, stesso incipit con “Lucinda”, ma la sensazione è che stasera Tom sia più in forma della serata precedente.
La voce fin da subito conquista, avvolge, ed è un crescendo senza sosta.
Questa volta due pezzi subito, non eseguiti la sera prima, come “Way down in the hole” e “All the world is green” portano il livello emozionale al massimo, la prima coinvolgendo tutti col suo ritmo irresistibile, la seconda portando quell’atmosfera sognante e poetica che nasce spontanea dalla prima nota.
Per il resto non posso citarle tutte, ma davvero il crescendo è emozionante.
Una nota particolare per menzionare che poco dopo “Raindogs”, al piano, tra le altre, esegue “Xmas Card from a Hooker in Minneapolis”. Non c’è bisogno di aggiungere altro.
“Cemetary Polka” poi arriva inaspettata, a tratti sembra quasi improvvisata, forse a sorpresa anche per la band, e per questo in versione un po’ approssimativa, ma quanto mai divertente e coinvolgente come sempre.
I bis portano alle luci in sala con due pezzi come “Cold Cold Ground” e “Come on up to the House” che lasciano tutti ancora sognanti ad occhi aperti a spellarsi le mani con gli applausi.
Ed eccoci arrivati all’ultima serata. Sabato sera sono un po’ più teso, penso forse perché sono cosciente che questa volta non ho davanti un’altra serata. Questa è l’ultima.
Mi tocca lucidare bene il mio pezzettino di cuore, ché Tom lo veda bene, e se lo porti via con sé anche questa volta.
Il solito piacevolissimo incontro con altri Raindogs provenenti da tutta Italia ed oltre, e rieccomi ancora seduto sulla mia poltroncina rossa. “Ti aspetto Tom, stavolta non farci attendere ancora 50 minuti, questa serata” penso “la voglio vivere come se fosse l’ultima..” ma che dico.. lo é..
 L’inzio ricorda la serata precedente, sia per la scelta dei pezzi che per la qualità della performance, da subito convincente ed ispirata.
Poi arriva “God’s away on business” ancora non ascoltata nei due show precedenti, poco prima di sedersi al piano per il solito intermezzo che tutto il teatro aspetta.
Anche in questa serata Tom racconta storielle divertenti, interagisce con il pubblico, e strappa risate ed applausi, anche se stavolta non usa le frasi in milanese che si era imparato per le due serate precedenti e che avevano fatto venir giù il Teatro.
Tutti i pezzi scorrono via veloci, troppo veloci, e quando arriva “Lost in the bottom of the world”, altro pezzo non eseguito in precedenza all’Arcimboldi, mi rendo conto che si sta avvicinando la fatidica ventesima canzone, ultima prima dei tre bis che ha concesso ogni sera.
Ecco, arrivano, ci siamo.. “Jockey full of bourbon”, “Hang down your head” e “Going Out West”.. io penso, e spero “Tom, le altre sere hai finito con due pezzi lenti, e stasera con Going Out West?? Dai che ora ci fai un bel regalo e chiudi con un pezzo in più, una bella ballata tutta per noi, per salutare Milano prima di partire..”
Ecco appunto, luci in sala.. mmm.. “Tom, me l’hai fatta di nuovo” evidentemente non sono bravo a prepararmi per salutarti e quando te ne vai, così come è stato a Firenze, ho l’impressione che il distacco sia improvviso, brusco, doloroso..
Esco dal Teatro.. saluto tutti gli amici che ho incontrato e con cui ho condiviso questo week end, e mi ritrovo in macchina sulla mia long way home.. mi fermo un attimo a pensare, inspiro profondamente come a controllare come sto dentro.. come mi sento.. come sta la mia anima.. sospiro, sorrido.. “Si Tom, te lo sei preso anche stavolta, trattalo bene, che quando torni te ne do un altro pezzettino.. e finché ce n’è, ce ne sarà sempre anche per te”.
Ah, dimenticavo. “Tom.. va a daa via i ciapp!”

Francesco Bagalà  (Buscadero n°304 – Settembre 2008)

  
Tom Waits a Milano: spremuta libera di due concerti

Sono a Milano aspettando di far foto a Tom Waits per la prima delle sue tre date al Teatro Arcimboldi. Sto aspettando che Tom Waits salga sul palco, per fotografarlo. Sto aspettando Tom Waits, I am waiting for Waits. Continuo a ripetermelo perché non mi sembra vero. Poter fermare per un istante le smorfie del suo viso, i gesti delle sue mani contorte che danzano a scatti intorno alla sua figura, fatta di sudicia eleganza. Entra Roberto Benigni con la moglie e il boato del pubblico mi desta da uno stato di trance. C’è anche Mike Mills dei REM ma chissenefotte: sto aspettando Tom Waits.
Quando entra Vinicio Copiassella colgo l’occasione per gridargli: “mi raccomando prendi appunti!” Sicuro al suo prossimo tour il palco sarà allestito allo stesso modo di quello di stasera: una decina di megafoni sospesi in aria, un piedistallo tondo a metà tra un pezzo di circo e una gran cassa di batteria rovesciata, con sopra campane e pedane (che Waits andrà a sbattere coi suoi scarponi chilometrici). Sono le 9.45pm, ancora lui non si vede e il cameraman che lo segue nel  Glitter & Doom Tour mi spiega il perché mentre sta appeso alla radiolina con cui comunica col backstage: “Sta di nuovo cambiando la scaletta”. Poi mi sorride e guarda con il volto stralunato verso l’alto come per dire: “fosse la prima volta!”

Si spengono le luci, inizia lo show. Cazzo è finita una attesa durata mesi. Attacca con Lucinda ma è una versione storpiata, la riconosco solo dal testo ed è alternata con Ain’t Going Down to the Well. Fa avanti e indietro tra una canzone e l’altra, come se non sapendo decidersi con quale delle due iniziare avesse optato per un medley. Il solito cappello marrone è stato sostituito da un bombetta, la polvere che lui sbatte sotto i piedi, una volta nera (nel tour di Mule Variations), ora è diventata bianca. Al posto della chitarra di Marc Ribot, impegnato col suo nuovo album, c’è quella di Omar Torrez. Lui, che è stato definito a metà tra un re zigano e Hendrix, ha portato alla band uno splendido sound spagnolo (come nell’intro di All the World is Green) per poi condirlo con free jazz e blues rock. Usa pure la stessa chitarra di Ribot e a tratti sembra quasi gli rifaccia il verso.

“Boom boom cha!” – dice Tom mentre il pubblico cerca di capire quale brano si appresta a suonare, poi aggiunge “siamo onesti, questo potrebbe essere l’inizio di almeno un centinaio di mie canzoni!”. Era Way Down in the Whole. Molto più semplice è stato prevedere Eyeball Kid con lui che finge di staccarsi un occhio e sbatterlo da una parte all’altra mentre la band accompagna questo breve e surreale film muto. Poi si siede al piano, “that’s a good one” borbotta prima di attaccare Tom Traumbert’s Blues. Così accontenta anche i fans legati alla prima fase della sua carriera, quella fatta di ballate in cui solo lui riesce ad alternare così bene dissonanze ed assonanze per poi risolverle in melodie che ti strizzano le budella sfiorandoti il pancreas dopo un ping pong con l’ippocampo. On the Nickel è eseguita in religioso silenzio del pubblico che poi si sfoga cantando (o nel mio caso urlando) Innocent When you Dream a unisono. Poi Tom torna sul suo strano piedistallo e ci porta dentro l’inferno di Misery is the River of the World. Lui da solo con la band è più teatrale della versione della stessa canzone nel musical di Robert Wilson. Mi fa male la gola solo a sentire quanto raschia con la voce, come sale e scende, fa un incidente mortale nell’esofago e si rianima con un grugnito. Stellare la versione di Hoist That Rag con il figlio Sullivan al timpano e così cubana che non si può far meno di storcersi e spalmarsi sui sedili del teatro, scalciando al ritmo delle maracas di Waits. Alle percussioni e batteria c’è l’altro suo figlio, Casey; raccomandato direte voi? Eppure è una macchina che non sbaglia un colpo, su Make it Rain nel ritornello spacca il tempo in terzine  per poi concludere accellerando alla perfezione come se si fosse ingoiato un metronomo a colazione. Comunque fa piacere sapere che gente come Waits si riproduca. Uno alla batteria e l’altro al clarinetto accompagnano il padre che canta: “We’re all gonna be just dirt in the ground” , come fosse la morale di una favola dark che gli racconta prima di andare a letto.

Le scalette di giovedì e sabato sono state abbastanza simili se non fosse che l’ultima sera ha aggiunto una fantastica Rain Dogs e una Chocolate Jesus con tanto di megafono. La compattezza della band è scandita anche dal sax di Vincent Henry (che si divideva gli assoli con la chitarra), il contrabbasso di Larry Taylor e le tastiere di Patrick Warren. 

Poi ci sono stati i suoi immancabili discorsi assurdi. Sabato blaterava di un “Lost Buggage Center” dove puoi acquistare “all sort of shit” che non serve a nulla e che per questo desideri ancora di più… solo che poi a tua volta perdi la valigia piena delle cazzate che hai appena comprato e tutto ricomincia dal principio. Basta, la recensione si chiude qui perché sto perdendo colpi, sono in stato confusionale indotto da totale mancanza di sonno e mi sento ancora questo senso di vuoto, questa depressione post parto che non mi si scrolla di dosso. Vedere due volte Tom in prima fila nel giro di tre giorni è stato troppo, devo riprendermi. E devo pure caricare le foto sul sito presto, intanto eccone una qui sopra giusto per gradire (e vederlo per una volta senza cappello). Insomma, se c’eravate anche voi, vi prego di sbrodolarmi addosso i vostri pensieri, sensazioni e le conseguenti ripercussioni psicosomatiche, psicofisiche, psicotiche e psic’ho detto?

Chiara Meattelli
Freelance Journalist & Photographer - London
 http://thebrixtownmassacre.wordpress.com/

 


"Disegno con pensiero" di Valerio Pastore

 

Concerto del 12 Luglio San Sebastian

Sabato 12 luglio 2008 ho visto per la prima volta Tom Waits dal vivo ed è stato indimenticabile.
Per scrivere il mio commento mi avvalgo, oltre che di qualche appunto scritto durante lo spettacolo, anche di un paio di articoli presi da Internet, uno dei quali una recensione di agenzia apparsa su El País e su El Mundo, visto che alcune canzoni non le conoscevo e di altre non ricordavo esattamente il titolo o, da tempo le avevo ribattezzate con nomi alternativi. Per me, per esempio, “Cementery Polka” è da sempre “Uncle Vernon”....
Dunque, Tom Waits quest’anno suona per la prima volta in Spagna e, più precisamente a San Sebastián e Barcellona. Pare che la bellissima cittadina basca si sia specializzata in proposte musicali di altissimi livello negli ultimi anni....
I quasi 1800 biglietti della serata sono andati tutti venduti in un paio di giorni. Ed erano carissimi: da 100 a 125 euro, più diritti di prevendita....  Tutti biglietti nominali, da ritirare due ore prima dello spettacolo, carta d’identità in mano....  Io e mio marito siedevamo nella fila 9. Nient’affatto male!!!
L’inizio dello spettacolo era previsto per le 21.30H, ma è iniziato alle 22.00H. Questo ritardo mi ha consentito di osservare la “fauna” presente nell’Auditorium Kursaal.

Ho prestato particolare attenzione a questo fattore frivolo, perché personalmente, nel mio giro di conoscenze spagnole (e vivo qua da 10 anni), non conosco nessuno che abbia mai sentito nominare Tom Waits! E quei pochi che magari sì ne hanno una vaga conoscenza, non sono particolarmente attratti dalla sua musica. Quindi mi chiedevo “ma che faccia avranno gli spagnoli che amano Waits?”
La media d’età andava dai 30 ai 50 anni. Pubblico abbastanza eterogeneo, ma sull’”alternativo”, direi: si andava dal rocchettaro, all’intellettuale... o presunto tale (basettone, occhiali trendy, capello arruffato ad arte, jeans consunti, look finto-povero)...

Sul palcoscenico, il marchio di fabbrica dei megafoni fa da sfondo. Al centro una piccola piattaforma con scritte arabe, sulla quale c’è un tamburo, una chitarra, un gong, un campanello...
Finalmente si spengono le luci e la gente inizia ad acclamare, si alza in piedi, applaude. È il delirio.
I musicisti e Tom entrano col favore delle tenebre. Tom si sistema sulla piattaforma. Le luci ora lo illuminano. Saluta il pubblico e inizia lo show. Perché lui è un autentico show man, in questo senso, molto americano. Nulla è lasciato al caso. Tutto studiato al millisecondo, per farti andare in visibilio.... Un gran lavoro di preparazione che fa sembrare tutto spontaneo, leggero e che ti travolge dal primo all’ultimo secondo.

Due ore, 24 canzoni (bis compresi). Un crescendo di follia. Lui ruggisce, si contorce, fa il matto tutto il tempo in quel piccolo spazio.... Carismático.
Ma parla anche col pubblico con le sue battute assurde e surreali. Prende un po’ in giro chi fa le sue richieste, dicendo OK a tutte... Fa botta e risposta con chi gli parla dal pubblico e, magari, gli manda saluti da parte di qualcuno... Ghignosissimo...
La prima canzone non so come si intitolasse. “I’m a true believer”, diceva... L’energia e la forza con la quale eseguono questo brano potente (lui sbatte i piedi accompagnando il ritmo pesante e alza un polverone enorme che lo avvolge) fa letteralmente venire giù il teatro....
Io sono talmente attonita che resto lì con la bocca spalancata. Incredula. E questa specie di stordimento mi accompagna per tutto il concerto...
E seguono “All the world is green”. Oltre a piacermi troppo questa canzone, sono così crudeli che la fanno precedere, in omaggio al pubblico spagnolo, immagino, da alcuni accordi di chitarra flamenca.... e io adoro il flamenco... Flamenco+Waits... Credevo di morire....
Segue “Hold on”. Lui la accompagna con la chitarra e il musicista dei fiati, lo accompagna con l’armonica. Bellissima.

Un inciso sui musicisti in generale: fantastici.... Multistrumentisti. Il sassofonista suona due sassofoni alla volta!!!! Oltre che l’armonica e la chitarra. Il chitarrista abile e versatile e poliedrico, come richiede la musica di Tom. Idem il pianista/tastierista. Molto bravi anche il contrabbassista e il percussionista/battierista, che poi è il figlio di Waits, Casey, curiosamente situato quasi di spalle al pubblico... Anche il figlio piccolo ha fatto due o tre apparizioni suonando il clarinetto e i tamburi.
Durante il concerto c’è stata una parentesi più “raccolta”, in cui ha cantato tre brani al piano, con l’accompagnamento del contrabbasso. Una di queste è stata “Tango till they sore”, che è una delle mie preferite. Ma il climax l’ha raggiunto con “Innocent when you dream”, al quale si sono uniti gli altri musicisti e, ovviamente il pubblico. Tutti in coro a cantare “And it’s such a sad old feeling, all the fields are soft and green....” Come ha detto lo stesso Tom (certamente con molta ironia): “Beautiful! One more time!”....
Dopo questo momento più sentimentale è seguito un brano splendido, a ritmo di son cubano. Purtroppo non ne conosco il titolo, non so se si tratterà di uno dei brani qui di seguito elencati. Tom suonava le maracas e pianista e chitarrista hanno davvero fatto faville, da fare invidia a quelli di “Buena Vista Social Club” !!! Che voglia di ballare!!!!
Altri brani eseguiti (alcuni dei quali desumo dal citato articolo): “Black market baby”, Hoist that rag' , 'Make it rain' (con sorpresa), ‘Cold cold ground', 'November', 'Falling down', 'Cemetery polka’, 'Chocolate Jesus’…. Quest’ultima con megafono, ma tutte con l’uso di svariati e diversi strumenti musicali…
Chiude la parte ufficiale del concerto “You must say goodbye to me”. Ma la richiesta di bis è imperiosa (e certamente più che prevista). “Concede” tre bis: 'Trampled rose' e 'Eyeball kid' (qualcosa di splendido e con una sorpresa scenica che non svelerò). Chiude definitivamente lo spettacolo 'Anywhere I lay my head'....

Ah! Prima di andarsene ha stretto la mano ad alcuni fortunatissimi che stavano in prima fila...
Il teatro, fresco all’inizio dello spettacolo è diventato una specie di sauna. Le emozioni, si vede, fanno sudare....
Ed ora sono qui, con una sensazione simile ai postumi della sbronza (risacca, definiscono gli spagnoli questa sensazione)... Mi chiedo quanto dovrò aspettare per rivederlo... E mi chiedo se davvero ho visto e sentito tutto ciò o se l’ho solo sognato....

Saluti da Isabella

 
In viaggio con Tom

Faccio fatica ad iniziare questo messaggio, sarà l’ora presta, sarà il treno, sarà la porta automatica laggiù, in fondo al vagone che non funziona, e continua ad aprirsi e a chiudersi con il suo sbuffo di aria compressa ad accompagnare ogni movimento. Sarà il sole di traverso che inizia a spuntare dalla collina e che tra pochi minuti mi constringerà ad abbassare la tendina.
O sarà il pianoforte e la voce di Tom Waits, che mi stanno sussurrando nelle orecchie di un posto che si chiama Burma Shave…
How far are you goin’?
She said “depends on what you mean”…

Quanto siete disposti ad andare lontano?
Sembrano dire gli occhi di Tom dal manifesto del Tour.
Fai un po’ tu.
La risposta che c’era negli occhi di ciascuna delle oltre 2000 persone arrivate sabato scorso al teatro degli Arcimboldi a Milano.

Il viaggio in realtà parte un po’ in sordina, quasi fossimo su uno di quei treni merci su cui salivano gli stessi hobos tante volte cantati da quella voce incredibile, che dal vivo risulta ancora più cupa, profonda e roca che da disco. Hanno motori potenti quei treni, ma hanno bisogno di raggiungere un certo slancio per farti sentire la velocità e l’aria sulla faccia, forte da non lasciarti tenere gli occhi aperti.
I primi pezzi sono partiti così, con il locomotore che faticava un po’ a trascinare tutti i vagoni, e sembrava trovare poco sostegno nella band, che dava l’impressione di essere un po’ spenta anch’essa: un paio di pezzi un po’ trascinati via, senza grande mordente, fino a trovare finalmente lo slancio giusto, colpendo la platea al cuore con una struggente “I’ll shoot the moon” e allo stomaco con “God’s Away on business”.
Due bei colpi da KO, per chi non aspettava altro che essere lasciato al tappeto in questo modo. Ma era solo l’inizio, ovviamente. Da lì si poteva solo decollare.
E lo si è fatto, soprattutto con “Jesus Gonna Be here”, uno dei pezzi migliori della serata, un bel suono rotondo e trascinante, con anche la band che finalmente ha dato mostra di quello che era capace di fare.
Poi il consueto intermezzo al pianoforte, con una delle sue storielle assurde che non sai mai se se le inventa sul momento o se le scrive prima ad introdurre qualche tuffo nella memoria, opera di archeologia per fan fedeli ed esigenti.
Sapevo che l’aveva già suonata altre volte in questo tour, ma quando ha attaccato on the Nickel ho avuto un tuffo al cuore, che si è però trasformato nella più grossa delusione della serata, visto che evidentemente il tuffo nella memoria non gli è stato sufficiente a ricordare tutto il testo ed ha finito per ripetere tre volte la stessa strofa.
Sono cose che capitano anche ai migliori, anche Paolo Conte l’ho sentito inciamparsi su qualche testo di 30 anni prima, riesumato per il piacere del pubblico.
In questi casi viene sempre in mente “sparring partner”, dello stesso Conte “avrà più di quarant’anni, e certi applausi, ormai, son dovuti per amore…”.
Si fa perdonare subito dopo con una spettacolare “Tom Traubert’s Blues” che rende giustizia di qualsiasi errore precedente.
Abbandonato il pianoforte dopo avere trascinato tutti nel coro di Innocent when you dream il treno ha ripreso la sua corsa a piena velocità, facendo dimenticare a tutti (anche a tutti quelli che non l’avevano già fatto da tempo) i 100 e passa euro spesi per il biglietto. Anche solo la versione di Hoist That Rag valeva la serata, per non parlare di Raindogs, arrangiata con Russian Dance nella parte musicale, e una Make It Rain da brividi.
Si aprono i bis con Jockey Full of Bourbon, il pezzo con cui iniziò il concerto 9 anni fa a Firenze, per chiudere con “Goin’ out West”.
Tutti in piedi ad applaudire, Tom su proscenio a prendersi i giusti applausi e l’entusiasmo di chi sa benissimo ad aver assistito a uno di quei concerti di cui difficilmente si potranno dimenticare.

 Volendo fare i puntigliosi (e sappiamo benissimo che gli ingegneri sanno essere puntigliosi), viene da dire che la scelta di affidare al figlio Casey la batteria della band è stata un po’ discutibile. Non ricordo il nome del batterista che aveva nel tour che lo portò a Firenze nel ’99, ma quello era davvero su un altro pianeta, e francamente da musicisti che suonano con uno come Tom Waits non ti aspetti niente di meno. Il figlio invece, almeno ieri sera, non ha dato una gran prova di se; nulla di sbagliato, certo, ma avrei preferito degli errori, se bilanciati da qualche guizzo geniale, piuttosto che una prestazione tutto sommato piuttosto piatta e incolore.
Stesso vale per il bassista, mentre fiati, chitarra e tastiere sono stati decisamente all’altezza delle situazione.

Ma non date mai troppo credito agli ingegneri puntigliosi, e se vi trovate in giro per l’Europa (prossime tappe Praga, Parigi, Edimburgo, Dublino, da oggi all’1 agosto) e vedete un manifesto con un personaggio bizzarro con una bombetta in testa, dei lustrini a ballonzolare in una mano e lo sguardo di chi vi chiede “quanto lontano sei disposto ad andare”, beh, la sapete già la risposta: “fai un po’ tu”. Siate sicuri che il viaggio varrà la spesa.

Un sorriso
 Luca

 
Concerto del 18 Luglio

 

Ho deciso di scrivere una recensione su concerto che ho assistito di Tom Waits perché lui è il mio idolo e ho atteso questo evento per anni.
E’ stata la prima volta in assoluto che l’ho visto dal vivo e devo iniziare facendo un commento negativo sull’organizzazione che come molti di voi, ho considerato assolutamente odiosa se non in parte infame (tenendo conto che ho visto personaggi minori in posti che considero migliori dell’ Arcimboldi, sia come disposizione dei posti che come acustica....ma sicuramente meno “fighetti”).
Infatti penso che si possa spendere 175 eurini (ho preso i biglietti dal call center in quanto il sito non mi accettava la carta di credito) il giorno stesso in cui mettono i biglietti in vendita per essere poi in un posto in cui potevi assistere al concerto solo col binocolo da quanto sei distante solo si tratta di Tom Waits (e solo perché i fan come me non si sono rifiutati tutti di comprare i biglietti come forse avremmo dovuto fare)
Inoltre ho dovuto penare non poco perché mi avevano preso i soldi e non mandato la mail di conferma e ho dovuto mobilitare mezzo mondo per ottenerla (tra cui questo fan club, a cui sono grato)
Ma l’ho aspettato troppo e ho deciso di fare la pazzia, e devo dire che ho sofferto parecchio del fatto che i miei genitori avrebbero voluto venire anche loro. Ma non potevamo permettercelo e così loro sono rimasti a casa. Questa cosa un pò devo dire la verità mi ha fatto apprezzare meno il concerto.
Ora parto ad analizzare il concerto vero e proprio che ho visto: quello del 18.
L’attesa è lunga ma il palco già di per se era uno spettacolo: chi non avesse visto nessun concerto si procuri una foto o un video perché era curatissimo: pedana da circo, grammofoni e altoparlanti ammaccati, strumenti accatastati con in un magazzino, musicisti disposti come in un bar, uno strato di gesso bianco che si alzava a ogni gesto di Tom, una specie di campanello da bicicletta.
Infine, insieme a un gutturale “good evening” le luci si spengono e il concerto inizia.
01) Lucinda- Ain’t Goin’ Down to the Well
È a mio parere la canzone più bella del tour. Completamente diversa dalla versione in studio e differente pure dal medley eseguito in tv per promuovere Orphans. Assolutamente geniale grazie anche al nuovo sound che è stato studiato.
Penso che probabilmente sia stata la migliore canzone del concerto, sicuramente un ottimo inizio.
02) Way Down in the Hole
Tom parte carichissimo, esegue alcuni versi e un urlo disumano in falsetto....che però gli costa l’esecuzione. Tom, visibilmente danneggiato canta tentando di darlo a nascondere purtroppo però nei versi “he's got the fire and the fury” non gli esce la voce! La voce gli esce strozzata e perde il ritmo della canzone e continua a schiarissi la voce. Io ho imprecato e anche molti altri. Avevo paura di aver buttato via i soldi, che non sarebbe riuscito a continuare a cantare. So per esperienza che un errore di quel tipo ti può costare non solo un concerto ma puoi avere problemi alla voce per diversi giorni. Per fortuna sono contento di essermi sbagliato e durante un bel assolo di sax sembra essersi ripreso e ricomincia a fare suoni gutturali e a terminare correttamente la canzone. Devo dire la verità. Qui Tom si è salvato in corner, è a ottenere lo stesso una standing ovation da parte del pubblico. Il loro (nostro )beniamino è arrivato!
03) Falling Down
Eseguita in modo diverso dall’originale, seppur bella uguale.
Il mio consiglio è....Scarlett....torna a fare l’attrice.
04) On the other side of the world
Non è tra le mie canzoni preferite di Tom, sarei curioso di sapere i commenti di altri.
05) November
Grande interpretazione di una canzone molto particolare, forse addirittura migliore dell’originale. Peccato per la mancanza di una sega musicale o di un theremin che avrebbero reso l’interpretazione ancora più interessante (anche Vinicio Capossela, nel suo piccolo, nel suo piccolissimo dispone di un ottimo musicista come Vincenzo Vasi)
06) Hang down your head
Grande canzone e grande interpretazione, in un arrangiamento leggermente diverso sia da quello di Rain Dogs sia nel live trasmesso di recente da NRP, a mio parere migliore.
A questo punto inizio a soffrire un po’. Personalmente avrei preferito sentire le canzoni ritmate e movimentate all’inizio e quelle più dolci alla fine.
07) Jesus gonna be here
Interpretazione bizzarra del suo grande classico. Avrei preferito sentirla nella sua versione originale ma non ho certo di che lamentarmi! La cosa che però mi dava piuttosto fastidio era che incitasse il pubblico a battere le mani e a tenere il ritmo. Questo mi sa da concerto da arena dove il contatto con il pubblico è differente. In teatro assisti a uno spettacolo e se sei chiamato in qualche modo a partecipare, soffri del fatto che devi stare seduto.
08) Such a screm
Eseguita in modo molto differente dall’originale è stata davvero una grande esibizione, a mio parere una versione migliore dell’originale! Finalmente qualcosa di ritmato e carico che stavo aspettando.
09) Raindogs -  Russian dance
A parere di chi scrive, la peggior canzone del concerto senza  la carica data nella versione di Big Time e trasformandola in qualcosa di più morbido, incitando però il pubblico a battere le mani, rovinando a mio parere le atmosfere della musica.
10) Picture in a frame
Dopo qualche gag seduto al piano ci offre una bella versione della sua canzone.
11) Lucky day
Altre gag e una versione di una canzone a mio parere non all’altezza dell’originale.
12) Xmas Card
Dopo altre gag (che iniziano a essere fastidiose per quanto riguarda me) esegue il suo classico da Blue Valentine in una esecuzione pressocchè perfetta. Fantastico.
13) Innocent when you dream
Dopo la celebre battuta di va da a via il ciapp (questa si, aveva senso di esserci) canta una bella versione di una bella canzone chiedendo al pubblico di cantare in coro nel celebre ritornello.
14) Lie to me
Da qui, a mio parere il concerto si è fatto molto più interessante della prima parte.
Lie to me è stata bellissima, in una versione che ancora una volta richiede la collaborazione del pubblico per qualche urletto e che, in questo caso, ha reso divertente e irresistibile l’esecuzione.
Ho sentito la versione eseguita a radio NPR in Atlanta e devo dire che secondo me l’esecuzione del 18 a Milano è stata migliore. Peccato non potessi alzarmi a ballare! Non so come ho fatto a resistere!
15) Hoist that rag
Un'altra grande esecuzione: con entrambi i figli alle percussioni e degli assoli di chitarra e sax assurdi. Ho guardato su Youtube qualche interpretazione live di questa canzone e devo dire che in qualche modo questa versione è stata diversa, più vicina al tour di Real Gone rispetto alle altre esecuzioni di Glitter and Doom, forse per via dei tamburi. Comunque a mio parere anche questa canzone è stata eseguita meglio della versione Atlanta disponibile su NPR.
E’ la mia canzone preferita la aspettavo dall’inizio del concerto!
16) Another man’s vine
Un'altra grande canzone eseguita splendidamente sia musicalmente che vocalmente. Con un pizzico di fantasia nella chitarra.
17) I’ll shoot the moon
Grande esibizione di una canzone che non amo molto. Con Tom che faceva il cretino facendo finta di pomiciare una ragazza. Ho iniziato ad ascoltare questa canzone dopo aver visto il concerto.
18) Cemetery polka
Dedicata a tutte le riunioni di famiglia una grande interpretazione di questa canzone, in una versione molto diversa dall’originale sia come struttura che come linea vocale e in cui si concedevano grande spazio all’improvvisazione come mi è stato confermato ascoltando la versione in Atlanta disponibile su NPR.
19) Dirt in the round
Una delle mie canzoni preferite in assoluto di Tom, purtroppo senza quell’uso particolare della voce che la rendeva unica. Base musicale molto curata e interpretazione molto buona, in una versione sicuramente  affascinante ma meno desolata dell’originale.
20) Make it rain
Grande interpretazione con tanto di presentazione della band durata quasi 10 minuti.
Una versione più morbida dell’originale ma molto ben eseguita con tanto di caduta di glitter dal cielo quando Tom verso alla fine, urlando Make it Rain guarda verso l alto.
ENCORE:
21) Black Market Baby
Una grande interpretazione di una canzone di cui la versione su disco non mi piace.
Tom waits alla chitarra.
22) Cold cold ground
Grande interpretazione di questa canzone con tanto di fisarmonica per completare la base musicale.
Tom waits alla chitarra.
23) Come on up to The house
Una grandissima esecuzione di questa grande canzone, sia vocalmente (forse la migliore del concerto da questo punto di vista) che nella base musicale.

Infine Tom ci ha salutati con un “ciao” io ho risposto al saluto, ma avrei preferito sentirmi dire “ a presto”.....

Concludendo Tom ha fatto chiaramente una grande performance ma ha fatto davvero troppe canzoni che vorrei sentire dal vivo per potermi accontentare solo di questa (bella) performance.
Scaletta a mio parere inaspettata, in cui personalmente avrei preferito la prima e la seconda parte invertite. Forse Tom ha avuto periodi migliori ma una cosa è certa: è ancora il numero uno ed è distante anni luce dagli altri.

Beppe

Impressioni sul concerto

Ciao a tutti.
Innanzi tutto vi ringrazio di aver organizzato un incontro prima dell'evento. Non ne ho potuto godere appieno forse perchè ero in ansia per entrare a teatro. Credo sia una esperienza da ripetere, se mai il Sig. Waits dovesse tornare da queste parti.
il concerto.
aspetti negativi:
1) l'attesa, con quasi un'ora di ritardo
2) l'acustica dalla platea rialzata, non era soddisfacente
3) il suo rapporto con il pubblico, un pò sottotono (a parte lo scherzo del vadaviaiciap, non ricordo altro)
aspetti positivi:
1) Lui ed il suo mondo, e ciò basta e avanza
2) Il suo modo di recitare il concerto è molto migliorato
3) lo ripeterò fino alla noia, il vestitino che ha ricamato su "all the world il green"
A Firenze non mi vergogno di dire che ho pianto quasi tutto il concerto, ma forse era la prima volta. A Milano no. Ho cercato di seguire lo show attimo per attimo (cercato, ero a mille kilometri dal palco, era dura). E' riuscito ad emozionarmi per tutte le due ore e perciò gli ho scusato anche una voce un po’ affaticata.
Lo studente ha i mezzi per fare anche di più, ma cosa si può dire al migliore della classe?
ciao a tutti.

Graziano Galli

Concerto del 19 Luglio
  
….. ho ancora la pelle d'oca per la versione di "Dirt in the ground"di sabato sera...

Marco

 

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